Per chi bruciano le foreste indonesiane

I produttori di olio di palma alimentano gli incendi del Borneo

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Greenpeace ha condotto un’inchiesta su tre delle piantagioni del Kalimantan (Borneo indonesiano), dove si sono verificati alcuni degli incendi all’origine della grande nube gialla che ha invaso i cieli del sudest asiatico, e che in molte regioni non è ancora dissolta.

Asia, fra i dannati della nube gialla

http://www.repubblica.it/ambiente/2015/10/28/news/asia_fra_i_dannati_della_nube_gialla-126087228/
Riportiamo il risultato dell’indagine e l’intero comunicato della sezione italiana dell’organizzazione ambientalista, secondo la quale “questi incendi sono stati provocati da ​compagnie produttrici di olio di palma considerato ecosostenibile. in particolare “le piantagioni – scrive Greenpeace – sono di proprietà delle compagnie indonesiane IOI Group, Bumitama Agri Ltd e Alas Kusuma group. Sono aziende che fanno parte di importanti enti di certificazione della sostenibilità, tra cui la Tavola Rotonda per l’Olio di Palma Sostenibile (RSPO) e il Forest Stewardship Council (FSC)”.
E’ a queste istituzioni che Greenpeace si è appellata per “espellere le aziende complici del dilagare degli incendi che distruggono le foreste torbiere e soffocano il Sud-est asiatico», come ha scritto Martina Borghi responsabile della campagna in Italia. L’olio di palma ricavato da queste piantagioni viene immesso sul mercato da commercianti di materie prime come Wilmar International, IOI Loders Croklaan e Golden Agri Resources – precisa il gruppo ambientalista –  e arriva anche nei prodotti di quei marchi internazionali che hanno adottato politiche di  “No deforestazione”.

«Quanto accaduto indica che purtroppo i progressi fatti finora dalle singole aziende che acquistano olio di palma sostenibile non sono sufficienti a evitare che i loro fornitori distruggano le foreste» – continua Borghi – «Per risolvere il problema alla radice è indispensabile che le compagnie che acquistano e utilizzano materie prime indonesiane lavorino insieme per far rispettare un impegno globale del settore contro l’uso di olio di palma da deforestazione».

“Vista la scarsa affidabilità degli schemi RSPO nel 2014 è nato il Palm Oil Innovations Group (POIG), con l’obiettivo di spezzare il legame tra la produzione di olio di palma e la deforestazione”. Questo gruppo, che riunisce compagnie che producono e utilizzano olio di palma e ONG ambientaliste, secondo Greenpeace “mira a rafforzare e rendere più ambiziosi gli standard dell’RSPO, concentrandosi su tre tematiche: responsabilità ambientale, partnership con comunità locali e integrità  aziendale e di prodotto. Di recente hanno aderito a questa iniziativa marchi come Ferrero, Danone, Stephenson e Boulder, così come il gigante indonesiano dell’olio di palma Musim Mas Group”.

Il frutto della palma da olio
Greenpeace ricorda che poche settimane fa, il presidente indonesiano Joko Widodo ha promesso di bandire ogni ulteriore sviluppo delle attività produttive che vadano a discapito delle torbiere, anche all’interno di concessioni già esistenti”. Ma “nonostante da diversi anni sia in vigore una moratoria sulle nuove concessioni di torbiere, questa sospensione non viene applicata con rigore dai governi locali e nei distretti, dove l’assegnazione delle terre è spesso legata alla corruzione. Una delle piantagioni esaminate da Greenpeace è infatti stata concessa nonostante il terreno in questione sia interessato dalla moratoria”.

«Dal 1990 ad oggi, l’Indonesia ha perso un quarto delle sue foreste a causa dell’espansione indiscriminata delle piantagioni di palma da olio e cellulosa. Oggi tutti parlano della necessità di porre fine alla deforestazione, ma abbiamo bisogno di azioni urgenti, non solo di parole», ha concluso Borghi.

Fonte: http://www.repubblica.it/

21/11/2015

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