Nestlé, Pepsi e altre multinazionali multate in Brasile perché nascondono OGM

5613684-kThB-U10403095619015sbF-700x394@LaStampa.itMultinazionali e OGM. Continua nel continente americano la lotta al cibo geneticamente modificato tanto che alcuni produttori, tra cui Nestlè, Pepsi e la società messicana Grupo Bimbo sono stati multati dal Ministero di Giustizia brasiliano perchè nascondono la presenza di OGM nei loro prodotti.

Il Brasile risulta essere il secondo produttore di colture OGM nel mondo dopo gli Stati Uniti ma, a differenza di quanto avviene negli States, tutti i prodotti che contengono organismi geneticamente modificati devono riportare la cosa in etichetta.

Secondo Telesur, le multinazionali incriminate si trovano ad affrontare multe che vanno dai 277.400 a circa 1 milione di dollari. La decisione del ministero è arrivata dopo un’indagine del 2010 condotta dall’agenzia a tutela dei consumatori Senacon, che ha trovato OGM presenti in diversi prodotti alimentari venduti sul mercato brasiliano e non dichiarati in etichetta.

Senacon ha accusato le società di violare i diritti dei consumatori brasiliani, tra cui il diritto all’informazione, la libertà di scelta e il diritto alla protezione contro le pratiche aziendali abusive. In effetti è dal 2003 che la legge brasiliana ha stabilito che i prodotti alimentari che contengono più dell’1% di OGM debbano riportare in etichetta l’apposito avvertimento: un triangolo giallo con all’interno la lettera “T” che sta per “transgenico”.

La situazione del cibo geneticamente modificato in Brasile ha raggiunto ormai livelli enormi: nel 2014 erano ben 104 milioni gli acri di coltivazioni OGM, più del 93% del raccolto di soia del paese è OGM, quasi il 90% del raccolto di mais e il 65,1% di cotone.

Nonostante la grande espansione dell’OGM, uno studio del 2014 effettuato dall’Università di San Paolo ha evidenziato come molti consumatori brasiliani siano scettici nei confronti di questo tipo di cibo. La reputazione negativa degli OGM in Brasile potrebbe forse spiegare perché Nestle, PepsiCo e gli altri marchi hanno deciso di aggirare la legge evitando di riportare l’informazione in etichetta.

La trasparenza delle etichette alimentari è un tema di grande attualità anche negli Stati Uniti dove Campbell Soup Co, il più grande produttore di zuppe al mondo, ha annunciato che in breve tempo riporterà nell’etichetta dei suoi prodotti la presenza di OGM. Secondo l’organizzazione, Just Label It, che si batte per la trasparenza alimentare negli States, il 90% circa degli elettori americani è a favore dell’etichettatura obbligatoria degli OGM. Si attende quindi anche nel paese a stelle e strisce una presa di posizione governativa che faccia chiarezza sulla questione a favore dei consumatori.

Francesca Biagioli (greenme.it)

http://www.greenme.it/informarsi/agricoltura/18860-multinazionali-multate-brasile-ogm

Il caffè equosolidale coltivato “all’ombra” – viaggio in Nicaragua

Il caffè coltivato all’ombra è un caffè caratteristico dei piccoli produttori che seguono i principi del commercio equo. Produrre il caffè all’ombra significa non usare fertilizzanti, insetticidi o altre sostanze tossiche, allungando anche la vita della piantagione. Gli alberi depositano sul suolo una grande quantità di nutrienti che il caffè assorbe. E alla fine, la qualità nella tazzina si sente.

Un viaggio tra i piccoli produttori di caffè del Nicaragua, che coltivano “all’ombra”. L’unione delle cooperative UCA La Unidad de Santa Maria De Pantasma si trova sulle montagne del nord del paese, in una regione molto povera. Grazie a Fairtrade i cafetaleros ricevono un prezzo equo e stabile, il Fairtrade Minimum Price, e un margine di guadagno aggiuntivo per avviare dei progetti di emancipazione sociale nella comunità, il Fairtrade premium.

Ecco il video di Fairtrade Italia:

 

Troppo zucchero, Nestlé obbligata a cambiare la pubblicità Uk del Nesquik

122725825-c6bf5352-381a-4d27-bee7-05089fafc438Nel mirino il coniglio con la scritta “Un ottimo inizio di giornata”. Rimossi dopo le rimostranze di un gruppo che si occupa di sana alimentazione dei ragazzi: nel latte con tre cucchiai di cacao ci sono oltre 20 grammi di zucchero, troppi per i più giovani

Nel Nesquik ci sono troppi zuccheri e per questo non può essere “un ottimo inizio di giornata”, almeno per i bambini che vengono invitati a consumarlo da un simpatico coniglio. Il colosso dell’alimentare Nestlé, che produce e possiede il famoso marchio del coniglietto del cacao in polvere, ha dovuto cambiare la sua pubblicità nel Regno Unito, dopo che l’Advertising Standards Authority (che giudica sul contenuto degli spot) ha accolto le lamentele della Children’s Food Campaign: secondo il gruppo, l’incoraggiamento a iniziare la giornata con il cacao sarebbe un supporto a una cattiva alimentazione dei ragazzi, visto l’alto contenuto di zuccheri del prodotto.

Come racconta il Financial Times, gli attivisti hanno spiegato che 200 ml di latte con tre cucchiai da te di Nesquik contengono 20,2 grammi di zucchero, sopra il limite di 13,5 grammi che separa il contenuto “normale” da quello “elevato”. Stando così le cose, alla luce del fatto che si attribuiscono al lattosio soltanto 9,6 grammi di zucchero, l’Autorità ha giudicato che la pubblicità – così come era concepita – sia un irregolare invito a nutrirsi in maniera squilibrata. E il suo confezionamento grafico, con il coniglio e la scritta relativa, sia proprio un messaggio per i più giovani.

Nestlé si è detta delusa della sentenza, ma ha deciso di rimuovere la scritta “for a great start to the day!” dai prodotti Uk: “Siamo sempre attenti alle preoccupazioni che ci vengono segnalate”, hanno detto dall’azienda ricordando che “stiamo cercando attivamente soluzioni per ridurre l’uso di zuccheri”. Anche

perché, nota l’Ft, l’Organizzazione mondiale della Sanità raccomanda che lo zucchero aggiunto a cibi e bevande non copra più del 5% del fabbisogno energetico quotidiano di una persona, ma in Gran Bretagna gli adolescenti sono in media a un livello tre volte superiore.

da LaRepubblica.it 24-12-2015

Il cannibalismo corporativo delle multinazionali

how-monsanto-company-is-preparing-for-syngenta-ag-adr-takeover-768x432Se la fusione tra Monsanto e Syngenta non è andata per il momento a buon fine, un accordo è stato invece raggiunto tra la DuPont e la Dow Chemical, gli altri due colossi della chimica Usa che operano in modo devastante anche nell’agricoltura. Le grandi multinazionali che controllano la produzione di sostanze agrotossiche e di sementi OGM vogliono espandersi in settori sempre più vasti dell’agro-business. Se le fusioni tra i giganti del settore non verranno fermate, avremo oligopoli che danneggeranno, peggio di quanto fanno già ora, la sola vera soluzione per alimentare le persone e proteggere il clima della Terra: la produzione contadina, decentralizzata, diversificata, con sementi proprie, quella che nutre la maggioranza della popolazione che abita il pianeta.

 

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Il Parlamento europeo non autorizza il MAIS geneticamente modificato della MONSANTO

La multinazionale avrebbe diffuso prodotti tossiciMaistesto

Il Parlamento europeo, riunito in seduta plenaria, ha detto no alla decisione della Commissione europea di autorizzare l’uso del mais geneticamente modificato della Monsanto, la multinazionale produttrice non solo di sementi OGM (organismo geneticamente modificato,ndr) ma anche del discusso erbicida Roundup: ci sono stati 403 voti favorevoli e 238 contrari. La motivazione risiede nel fatto di preservare alti livelli di salute e di tutelare l’ambiente all’interno dei suoi confini. Il problema rimane nelle modalità del processo di autorizzazione che danno adito sempre a nuove revisioni e lasciano spazi troppo ampi di manovra alle lobby che tutelano gli interessi delle multinazionali e consentono di ignorare chi vuole tutelare invece la salute e gli interessi dei cittadini. Esistono molte organizzazioni che sottolineano come Monsanto negli ultimi decenni si sia occupata di realizzare prodotti altamente tossici che hanno danneggiato l’ambiente e causato la morte di migliaia di persone.
LE SOSTANZE: tra le sostanze tossiche ci sono la PCB, sostanza che mette in pericolo gli animali e la fertilità umana: la 2,4,5-T, componente utilizzato per la produzione dell’Agente Arancio durante la guerra del Vietnam e che continua a causare tumori e malformazioni alla nascita; vi sono inoltre ilRoundup, l’erbicida più utilizzato nel mondo, fonte di scandalo ambientale e grave minaccia per la salute. Si tratta di un prodotto a base di glifosato, una sostanza ora riconosciuta dall’OMS(organizzazione mondiale della sanità,ndr) come probabile cancerogeno umano. Ultimo, il lasso,erbicida attualmente proibito in Europa.

23-12-2015

fonte: IlMeteo.it

“La Pubblicità di Natale è razzista”. Coca Cola costretta a ritirare lo spot in Messico

La pubblicità trasmessa in Messico rimossa da YouTube dopo le polemiche

Bufera sulla pubblicità di Natale della Coca Cola trasmessa in Messico.

Il video è stato rimosso da YouTube dopo che lo spot è stato accusato di razzismo. Nel video un gruppo di giovani arriva in una comunità indigena nello stato di Oxaca per fare l’albero di Natale e per distribuire la bevanda. In rete ci sono state proteste: secondo molti lo spot lede la dignità delle comunità native messicane. Alcune associazioni di consumatori hanno invece fatto notare come l’obesità sia un grosso problema tra quelle popolazioni e hanno quindi giudicato poco opportuna la trasmissione dello spot .

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Approfondimento: Coca-Cola ritira uno spot natalizio accusato di essere discriminatorio e dannoso per la salute delle popolazioni indigene in Messico

Due nuovi report sul TTIP: ISDS e Agricoltura

La campagna STOP TTIP Italia e Fairwatch pubblicano due nuovi dossier, relativi all’ISDS ed agli impatti del TTIP sull’Agricoltura.

“PATTO COL DIAVOLO” – Come e perché la clausola di protezione degli investimenti (ISDS) prevista nel TTIP minaccia la capacità di legiferare delle istituzioni, restringendo il perimetro della democrazia.

Dossier a cura della Campagna Stop TTIP Italia – Novembre 2015
Autori: Elena Mazzoni e Francesco Panié (Campagna Stop TTIP Italia) e con il contributo di Monica Di Sisto e Alberto Zoratti (Fairwatch)

Per scaricare il report sull’ISDS: https://stopttipitalia.files.wordpress.com/2014/02/nov-2015-isds_patto-col-diavolo-by-campagna-stop-ttip-italia.pdf

Il fattore “C”: rischi e opportunità nel TTIP per il settore agroalimentare europeo

Risposta “carte alla mano” a chi sostiene che nel TTIP non si discute di sicurezza alimentare, e per aprire un dibattito pubblico serio su export, import, indicazioni geografiche e consumatori

Dossier a cura di Fairwatch per la Campagna Stop TTIP Italia – Novembre 2015 Autori: Monica Di Sisto

Per scaricare il report sull’Agricoltura: https://stopttipitalia.files.wordpress.com/2014/02/nov-2015_dossier-agricoltura-ttip-fairwatch.pdf

 

Fonte: Stop TTIP Italia – http://stop-ttip-italia.net/

TTIP, clima e green economy: il primo (inquietante) report italiano

Per scaricare il report: https://stopttipitalia.files.wordpress.com/2014/02/cop21-e-ttip-fairwatch.pdf

Quali sono gli impatti del TTIP sull’ambiente e il clima? Quali disposizioni garantiscono lo sviluppo sostenibile? Ecco la risposta, che non vi piacerà.

TTIP-clima-e-green-economy-il-primo-report-italiano-4-e1447428988330(Rinnovabili.it) – Una bomba ad orologeria, pronta a mandare in pezzi le proposte per il contrasto ai cambiamenti climatici che potrebbero uscire dalla COP 21. Questo è il TTIP, l’accordo sul commercio e gli investimenti che Stati Uniti e Unione europea stanno negoziando dal 2013. Lo sostiene il primo rapporto italiano sugli impatti ambientali del trattato sull’ambiente e il clima, scritto dalla ONG Fairwatch per la Campagna Stop TTIP Italia. Una ventina di pagine che analizzano e smontano, un pezzo alla volta, tutte le dichiarazioni concilianti della Commissione europea contenute nella proposta (prima filtrata e solo dopo pubblicata da Bruxelles) di un capitolo sullo sviluppo sostenibile nell’accordo. Il rapporto chiarisce subito che «non esiste alcun meccanismo vincolante che imponga ai Paesi il rispetto dei diritti dei lavoratori e dei vincoli ambientali», a differenza dei meccanismi di tutela degli investitori privati, «che prevedono il ricorso ad arbitrati con la possibilità per aziende private di chiedere compensazione economica in caso di politiche contrarie alle loro aspettative di profitto sugli investimenti». Fairwatch sottolinea che non vi sono appigli, nel testo proposto dalla Commissione europea, che permettano di individuare un reale impegno nell’applicare e implementare le disposizioni contenute negli accordi internazionali sull’ambiente: dal protocollo di Kyoto a quello di Montreal, fino alla Convenzione sulla biodiversità (CBD).

«Come tutto ciò possa risultare in una proposta ambiziosa sulla sostenibilità e come questo possa garantire un aumento degli standard di tutela e di protezione sociale e ambientale è impossibile capirlo. Soprattutto in un sistema di valori dove viene garantito il primato della libertà del mercato, della tutela degli investitori, dell’importanza della competizione internazionale rispetto alle economie locali».

In pratica, il TTIP trasformerebbe in carta straccia questi importanti patti multilaterali improntati allo sviluppo sostenibile. Eppure questo concetto, nato nel 1987 in seno alla Commissione mondiale su Ambiente e Sviluppo (WCED) è diventato parte integrante dell’architettura istituzionale dell’Unione europea con la firma del Trattato di Amsterdam (1997). La stessa commissaria europea al Commercio, Cecilia Malmström, ha dichiarato che «vogliamo utilizzare li accordi commerciali per fissare standard ambiziosi e vincolanti, per affrontare sfide globali come la protezione dell’ambiente e dei diritti del lavoro in un mondo globalizzato».

Tuttavia, incrociando i testi negoziali (textual proposals) resi pubblici dalle fughe di notizie con i position papers (documenti in cui la Commissione spiega la propria posizione nella trattativa), il rapporto evidenzia diverse incongruenze. L’ottimismo che traspare dai documenti di posizionamento sul rispetto degli obiettivi sul clima non trova riscontro nella textual proposal. Nulla costringe le parti a vincolare il commercio alla tutela della biodiversità o a specifici limiti di inquinamento: non esiste un tribunale legittimato a sospendere il TTIP in caso di violazioni. Nemmeno presa in considerazione la richiesta del Parlamento europeo di tutelare i governi che legiferano in favore del clima dalle denunce delle multinazionali. Si possono dunque ripetere situazioni come quella che, all’interno dell’accordo NAFTA tra USA, Messico e Canada, potrebbe costringere la provincia del Quebec a pagare un risarcimento di 250 milioni per aver vietato il fracking nel fiume San Lorenzo alla Lone Pine Resources.

Per scaricare il report: https://stopttipitalia.files.wordpress.com/2014/02/cop21-e-ttip-fairwatch.pdf

L’Università del Colorado restituisce a Coca-Cola un milione di dollari. Ultimo atto della polemica scoppiata in agosto sui finanziamenti occulti

Coca-Cola ha finanziato occultamente scienziati per spostare la colpa dell’obesità dalla cattiva alimentazione allo scarso esercizio fisico.

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La University of Colorado School of Medicine ha annunciato la restituzione di un milione di dollari ricevuti nel 2014 da Coca-Cola per creare il Global Energy Balance Network, un’organizzazione non profit di scienziati che sollecitava le persone all’attività fisica, minimizzando il legame tra bevande analcoliche e obesità. Secondo l’Università, la fonte del finanziamento ha distolto l’attenzione dall’obiettivo che doveva essere perseguito e dagli sforzi che l’Università sta facendo. Coca-Cola ha dichiarato che darà il milione di dollari restituito dall’Università del Colorado all’organizzazione Boys & Girls Clubs of America.

Questa notizia rappresenta l’ultimo sviluppo di una vicenda iniziata in agosto, quando un articolo del New York Times aveva svelato il finanziamento occulto di Coca-Cola al Global Energy Balance Network che non figurava nel sito dell’organizzazione (le cronache ricordano di un video dove il vice-presidente  Steven N. Blair in cui invitava a concentrarsi solo sull’attività fisica, negando l’importanza della dieta per combattere l’obesità).

Un video negava l’importanza della dieta per combattere l’obesità
La polemica che ne era seguita aveva indotto l’amministratore delegato di Coca-Cola, Kuhtar Kent, a promettere maggiore trasparenza sui finanziamenti che vengono concessi a organizzazioni ed esperti accademici nel campo della salute. E così, in ottobre, Coca-Cola ha pubblicato i destinatari statunitensi di 120 milioni di dollari, a partire dal 2010. Dopo che i finanziamenti sono diventati pubblici, l’Academy of Nutrition and Dietetics, la più grande organizzazioni di nutrizionisti degli Usa, ha comunicato che la sponsorizzazione di Coca-Cola terminerà alla fine dell’anno, così come farà l’Academy of Pediatrics, perché non condividono più gli stessi valori.

Si tratta dell’ennesimo episodio sul conflitto di interessi che anche in Italia rappresenta un grosso problema, come abbiamo evidenziato in diversi articoli chiamando in causa Andrea Ghiselli del Crea e altri liberi professionisti come Eugenio Del Toma.

Per approfondire:

Coca-Cola ha finanziato occultamente scienziati per spostare la colpa dell’obesità dalla cattiva alimentazione allo scarso esercizio fisico. In rete i finanziamenti

Fonte: ilfattoalimentare.it 13-11-2015